Capitolo secondo

I POTERI DELLE REGIONI

 

2.1 L’istituzione delle Regioni

              Quando l’Assemblea costituente – eletta dal popolo il 2 Giugno 1946 – dovette ridisegnare la fisionomia da dare all’ordinamento repubblicano, si orientò (a larga maggioranza) verso uno Stato “regionale”, in cui le regioni fossero il punto di riferimento per superare il centralismo statale e spostare in periferia i poteri pubblici.[1]

                   Un progetto, non per disaggregare, ma per tenere più unita la Repubblica attraverso la creazione di nuovi enti territoriali (le regioni) ai quali riconoscere funzioni oltre che amministrative anche legislative, e cioè la capacità di disciplinare direttamente determinate materie (indicate nell’art. 117 della Costituzione: “La Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempre ché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni:

a)      Ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla Regione;

b)      Circoscrizioni comunali;

c)      Polizia locale urbana e rurale;

d)      Fiere e mercati;

e)      Beneficenza Istruzione  artigiana professionale ed assistenza scolastica

f)       Musei e biblioteche di enti locali;

g)      Urbanistica;

h)      Turismo ed industria alberghiera;

i)        Tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale;

j)       Viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale;

k)      Navigazione e porti lacuali;

l)        Acque minerali e termali;

m)    Cave e torbiere;

n)      Caccia;

o)      Pesca nelle acque interne;

p)      Agricoltura e foreste;

q)      Artigianato.

                  Altre materie indicate da leggi costituzionali. Le leggi della Repubblica possono demandare alla Regione il potere di emanare norme per la loro attuazione.” mediante norme legislative aventi lo stesso valore formale delle leggi dello Stato.

                  Le regioni ed i loro statuti nascono con molto ritardo rispetto alla Costituzione del 1948 (le prime elezioni per la costituzione dei Consigli regionali si tengono solo il 7 e 8 giugno 1970) e soprattutto fra diffidenze, difficoltà e resistenze, sia politiche sia degli apparati ministeriali dello Stato, gelosi di privarsi di parti consistenti di funzioni e poteri. Ma diventano, col passare degli anni, veri e propri soggetti politici che rappresentano e curano gli interessi generali della comunità regionale, ponendosi come momento essenziale di raccordo tra lo Stato e il sistema delle autonomie locali.

 

2.2 La delega di funzioni alle Regioni

                  Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro un biennio dall’entrata in vigore dell’art. 17 della legge 16/05/1970, n. 281, per regolare, simultaneamente per tutte le Regioni, il passaggio alle Regioni, ai sensi della disposizione VIII transitoria della Costituzione, delle funzioni ad esse attribuite dall’art. 117 della Costituzione e del relativo personale dipendente dallo Stato, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi:

a)       Attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato nelle materie indicate dall’art. 117 della Costituzione saranno trasferite alle Regioni. Nelle stesse materie resta riservata allo Stato la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività delle Regioni che attengono ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale ed agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali. Saranno altresì stabiliti vincoli atti a garantire l’inalienabilità, l’indisponibilità e la destinazione dei beni di cui ciò sia necessario alla tutela degli interessi generali dello Stato in rapporto alla natura dei beni;

b)       Il trasferimento delle funzioni statali alle Regioni avverrà per settori organici di materie e dovrà effettuarsi mediante il trasferimento degli uffici periferici dello Stato. Qualora gli uffici stessi siano titolari anche di competenze statali residue e le funzioni trasferite siano prevalenti, si provvede, di massima, alla delega ai sensi dell’art. 118, secondo comma, della Costituzione, ferma restando, in ogni caso, la necessità di regolare i rapporti finanziari tra Stato e Regioni secondo le disposizioni degli articoli 8 e 18 della  legge 16/05/1970 n. 281, e di prevedere i rimedi da esperire in caso di inattività degli organi regionali nell’esercizio delle funzioni delegate;

c)         Per ciascuna delle funzioni statali attribuite alle Regioni verrà stabilito il contingente del personale statale, anche delle amministrazioni centrali, da trasferire alle Regioni stesse, riducendosi contemporaneamente e corrispondentemente i ruoli organici delle Amministrazioni statali interessate;

d)        Nel trasferimento delle funzioni di cui sopra dovranno essere rispettate le esigenze dell’autonomia e del decentramento, ai sensi degli articoli 5 e 118 della Costituzione, conservando, comunque, alle province, ai comuni ed agli altri enti locali le funzioni di interesse esclusivamente locale, decentrate dalle norme vigenti, fino a quando non sia provveduto al riordinamento e alla distribuzione delle funzioni amministrative tra gli enti locali.

Le norme delegate saranno emanate con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri competenti e con quelli per l’interno, per il tesoro, per le finanze e per il bilancio e la programmazione economica, e con l’obbligo di sentire preventivamente le Regioni, le quali potranno comunicare le proprie osservazioni entro e non oltre 60 giorni dalla comunicazione delle norme proposte. Decorso tale termine, le norme verranno sottoposte, unitamente alle eventuali osservazioni delle Regioni, al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali di cui all’art. 52 della legge 10 febbraio 1953, n. 62.

                  L’emanazione di norme legislative da parte delle Regioni nelle materie stabilite dall’art. 117 della Costituzione si svolge nei limiti dei principi fondamentali quali risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole materie o quali si desumono dalle leggi vigenti.

2.3 Attribuzioni alle Regioni di compiti di intervento straordinario

                  Con l’art. 4 della legge 06/10/1971, n. 853, gli interventi straordinari già affidati alla Cassa per il Mezzogiorno a norma del testo unico 30 giugno 1967, n. 1523, relativi alle materie di competenza regionale di cui all’art. 117 della Costituzione, sono realizzati dalle Regioni a decorrere dall’entrata in vigore dei decreti di trasferimento delle funzioni corrispondenti, emanati ai sensi dell’art. 17 della legge 1970, n. 281. Nell’attuazione dei predetti interventi le Regioni si attengono alle norme della  legge 06/10/1971, n. 853, agli indirizzi del programma economico nazionale e dei piani regionali, nonché alle direttive del CIPE.

                  Per l’attuazione dei compiti loro affidati le Regioni eseguono le rilevazioni e le indagini ritenute necessarie.

                  Sono trasferite alle Regioni le attribuzioni di competenza del Comitato dei Ministri e del Ministro per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno, del Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato e del Ministero dei lavori pubblici, relative ai Consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale, ivi comprese quelle attinenti i piani regolatori delle aree e dei nuclei.

                  Al finanziamento degli interventi straordinari si provvede con il Fondo per il finanziamento di programmi regionali di sviluppo di cui all’art. 9 della legge 16 maggio 1970, n. 281, nonché con assegnazioni a carico dell’apporto di cui all’art. 17 della  legge 06/10/1971, n. 853.

                  Per le finalità di cui sopra è riservata alle Regioni i cui territori sono compresi in tutto o in parte tra quelli indicati dall’art. 1 del testo unico 30 giugno 1967, n. 1523, una quota non inferiore al 60 per cento dell’ammontare complessivo delle disponibilità del predetto Fondo. Alle predette regioni è riservata pari quota delle spese autorizzate con leggi generali o speciali per interventi relativi alle materie di cui all’art. 117 della Costituzione.

 

2.4 Attribuzioni alle Regioni di funzioni amministrative in ordine ai Nuclei e alle Aree industriali

                  Dopo il trasferimento alle regioni meridionali, attuato con la legge n. 853 del 1971, delle funzioni amministrative esercitate da organi dello Stato in ordine ai Consorzi industriali costituiti nel mezzogiorno e dopo il D.P.R. n. 8 del 1972 che ribadiva quel trasferimento e ne ampliava la portata riferendosi ad ogni Consorzio, ovunque costituito, una nuova disposizione riguardante il trasferimento delle funzioni sui Consorzi avrebbe avuto il solo effetto di eliminare alcuni dubbi sulla permanenza o meno di residue competenze in capo ad organi statali.[2]

                  Nasce cosi una disposizione che non ha connotati di chiarezza esemplari, ma che non appare imprigionata neppure in una logica ripetitiva o confermativa, il D.P.R. 24/07/1977, n. 616, art. 65, trasferisce alle Regioni le funzioni amministrative dei Nuclei e delle Aree industriali: “ Ferme restando le funzioni amministrative trasferite alle regioni relativamente ai  piani regolatori,  spettano alle regioni le funzioni amministrative in ordine all’assetto di consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale e tutte le funzioni esercitate dallo Stato o da altri enti pubblici, esclusi i comuni e le province, in materia di assetto, sistemazione e gestione di zone industriali e aree industriali attrezzate, e di realizzazione di infrastrutture per nuovi insediamenti industriali, fatte salve le competenze dello Stato ai sensi della legge 2 maggio 1976 m 183.”

                  Le funzioni amministrative rilevanti in ordine ai Consorzi d’industrializzazione sono:

a)       La vigilanza e la tutela, attribuite dal t.u. n. 1523 del 1967 (art. 144) al Ministro dell’industria, che la esercita attraverso un’apposita commissione cui partecipano anche rappresentanti del Ministero dell’interno e del Comitato dei ministri per il mezzogiorno;

b)       La proposta d’approvazione e l’approvazione dello statuto riservate (art. 145 t.u. cit.) rispettivamente al Presidente del Consiglio dei Ministri – previa deliberazione del Comitato dei ministri per il mezzogiorno integrato con la partecipazione del Ministro dell’interno – e al Presidente della Repubblica;

c)        La promozione della modificazione dello statuto riservata (art. 145 t.u. cit.) al Ministro per il mezzogiorno di concerto col Ministro dell’industria. Il relativo procedimento può essere iniziato anche dagli enti locali interessati;

d)       La proposta d’approvazione e l’approvazione dei piani regolatori riservate  (art. 146 t.u. cit.) rispettivamente al Ministro dei lavori pubblici – previa deliberazione del Comitato dei ministri per il mezzogiorno – e al Presidente del Consiglio dei Ministri.

                  Non dissimile il sistema delle competenze relative ai Consorzi istituiti con leggi speciali salva, ovviamente, la sostituzione, nei diversi procedimenti, degli organi preposti all’amministrazione del mezzogiorno con gli altri organi dell’amministrazione dello Stato.[3]

                  La vicenda del trasferimento delle funzioni amministrative relative ai Consorzi d’industrializzazione dallo Stato alle Regioni si è svolta in maniera alquanto complessa, sicché non è del tutto semplice neppure l’identificazione dell’esatta area di applicazione dell’articolo in esame.

                  Il discorso deve essere tenuto distinto per i consorzi costituiti nel mezzogiorno e per quelli costituiti, in base a leggi speciali, in altre regioni del paese:

a)       Per quanto attiene ai primi, l’art 4, 4° comma, della legge 6 ottobre 1971 n 853, ha trasferito alle regioni le attribuzioni del Comitato dei ministri e del Ministro per il mezzo giorno, del Ministro dell’industria e del Ministro dei lavori pubblici. Residuavano allo Stato, dopo tale trasferimento, le sole attribuzioni relative alla proposta d’approvazione ed all’approvazione degli statuti (di spettanza del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica) e l’approvazione dei piani regolatori consortili (Presidente del Consiglio). Successivamente, con l’art. 1, lett. a, del D.P.R.  n 8 del 1972 anche la competenza ad approvare il piano regolatore consortile - stante la sua equiparazione legale al piano territoriale di coordinamento - veniva trasferita dal Presidente del Consiglio alle regioni a statuto ordinario. Al momento dell’emanazione dell’art. 65 in esame le uniche funzioni amministrative relative ai consorzi d’industrializzazione siti nel mezzogiorno che residuavano allo Stato erano, pertanto, quelle di proposta e di approvazione degli statuti. Ad esse soltanto, dunque, deve ritenersi circoscritto il campo d’applicazione della norma di trasferimento del D.P.R. n. 616.

b)       Per quanto attiene ai secondi, invece, l’unico trasferimento di funzioni precedente al D.P.R. ti. 616 è stato quello disposto dal D.P.R. n. 8 del 1972 (art. 1, lett. a) in ordine ai procedimenti di pianificazione urbanistica ed in particolare all’approvazione del piano regolatore, consortile in quanto equiparato al piano territoriale di coordinamento, nonché alla vigilanza e tutela (art 4 stesso decreto delegato). Residuavano pertanto allo Stato - e ad esse deve ritenersi circoscritta l’area di applicazione dell’art 65 in esame - le attribuzioni relative tanto alla proposta d’approvazione ed all’approvazione degli statuti che alla promozione della modificazione degli stessi.

                  Dal  trasferimento delle competenze nella materia statutaria deriva il potere delle regioni a statuto ordinario di conferire la personalità giuridica ai consorzi di nuova istituzione: il che, del resto, sembra in accordo col disposto dell’art. 13 dello stesso D.P.R. n. 616 in punto di  “ordinamento degli enti amministrativi dipendenti dalla regione”.

                  Che il senso della norma in esame sia quello, sopra indicato, di una conferma di trasferimenti di attribuzioni già avvenuti (in materia urbanistica, di vigilanza e controllo, etc.) e di conferimento alle regioni di poteri in ordine alla istituzione di nuovi consorzi d’industrializzazione ed alla regolamentazione statutaria sia dei nuovi che di quelli già esistenti, è con- fermato dall’iter formativo della norma stessa.

                  La Commissione Giannini, infatti, aveva formulato, per i Consorzi in discorso, la proposizione normativa XXXII  allo scopo di eliminare ogni eventuale dubbio “circa la competenza regionale in ordine all’approvazione di piani urbanistici e di altri progetti d’intervento attinenti alla realizzazione e alla gestione di opere pubbliche o d’interesse pubblico all’interno dell’area industriale”. La proposizione normativa era dettata anche come ”presupposto per una eventuale diversa disciplina regionale dell’intervento nelle aree industriali “.

                  Il senso della proposta era, dunque, esplicitamente quello della conferma, in via interpretativa, dei precedenti trasferimenti e del completamento del trasferimento alle regioni della materia nella sua globalità.

                  Lo schema di decreto delegato approvato dal Consiglio dei ministri il 18 febbraio 1977 e trasmesso alle regioni il successivo giorno 24 prevedeva, invece, all’art. 42 che “ferme restando le funzioni amministrative trasferite alle regioni relativamente ai piani regolatori, sono delegate alle regioni le funzioni amministrative in materia di consorzi per le aree e i nuclei di sviluppo industriale istituiti con leggi vigenti dello Stato”: un ben révirement - come si vede - se è vero, come è stato ritenuto , che esso limitava l’area del trasferimento ai soli consorzi del mezzogiorno e retrocedeva il trasferimento delle funzioni, già effettuato con la legge n. 853 del 1971, a mera delega.

                  La reazione regionale ad un simile orientamento restrittivo ha portato al testo attuale ove, al di là della conferma dei trasferimenti già avvenuti in materia urbanistica, è disposto il trasferimento, e non già la delega, di tutti i poteri relativi all’ “assetto” dei consorzi di industrializzazione nel mezzogiorno e all’ “assetto, sistemazione e gestione” dei consorzi istituiti con leggi speciali nonché, in genere, alla realizzazione di infrastrutture per nuovi insediamenti  industriali.  Se si pone mente al fatto che dal trasferimento sono escluse le sole competenze già spettanti agli enti locali territoriali (comuni e province) e quelle riservate allo Stato dalla legge n. 183 del 1976, recante la disciplina dell’intervento straordinario nel mezzogiorno per il quinquennio 1976-80, la conclusione non può che essere che il trasferimento è stato, alla fine, effettuato per l’intera materia della localizzazione industriale, ogni qual volta questa si realizzi nella forma del consorzio (d’industrializzazione) tra enti locali, territoriali e non. Si è, dunque, ritornati in pieno alla proposta della Commissione Giannini del trasferimento globale.

                  Se, infatti, ai poteri di pianificazione territoriale si aggiungono quelli di natura organizzativa - di assetto e sistemazione, cioè di creazione di consorzi, di attribuzione agli stessi della personalità giuridica senza bisogno di interventi dall’esterno, di regolamentazione integrale del loro funzionamento -, quelli di gestione e di controllo -  vigilanza e tutela - sui risultati della gestione ed infine quelli di intervento diretto - realizzazione di infrastrutture per nuovi insediamenti -, non pare possa negarsi che il trasferimento della materia è stato integrale o meglio integralmente completato. Con il che non si vuol dire che il trasferimento integrale del “comparto” dei consorzi d’industrializzazione abbia conferito alle regioni una posizione di rilievo nel settore della politica industriale. Si tratta, invero, di un comparto di per se limitato, al quale restano estranei tutti i momenti dell’attività produttiva industriale (ad es. finanziamento, agevolazioni, assistenza etc.) ad esclusione della localizzazione : non a caso l’art. 65 in esame si chiude con la riserva allo Stato della materia degli incentivi (“... fatte salve le competenze dello Stato ai sensi della legge 2 maggio 1976, n. 183 “). Infine, anche nella submateria della localizzazione restano riservate allo Stato le attribuzioni di maggior rilievo basti pensare alle opere pubbliche d’interesse statale, alle iniziative industriali di cui all’art 14 della legge n. 853 del 1971 (tutt’ora in vigore, sebbene formalmente abrogato dall’art. 5 della legge n. 350 del 1976), agli impianti di produzione di energia elettrica ed alle centrali elettronucleari, la cui localizzazione è mantenuta dall’art. 81 del D.P.R. n. 616 alla competenza dello Stato.

                  Si può in definitiva concludere condividendo l’opinione di coloro che ritengono essere la partecipazione delle regioni alla politica di sviluppo economico alquanto modesta, in particolare in riferimento al settore industriale.

 

2.5 Ampliamento delle Deleghe delle Funzioni e dei Compiti Amministrativi alle Regioni

                  Nell’ottica della costituzione dello stato federale, alle Regioni vengono attribuiti ulteriori nuovi poteri. E mentre prima le Regioni, tramite il Co.Re.Co., esercitavano soltanto il controllo sui P.E.F. ( Piani Economici Finanziari ) dei Consorzi, oggi lo stato con il D.L. 31/03/1998 N° 112 conferisce funzioni e compiti amministrativi alle regioni e agli altri enti locali. Infatti spetta alle Regioni disciplinare le funzioni che riguardano la materia “industria”.

                  La materia “industria” comprende: qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione e alla trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di semilavorati, di merci e di beni anche immateriali, con esclusione delle funzioni relative ad attività artigianali ed alle altre attività produttive di spettanza regionale in base all’art. 117 della Costituzione e ad ogni altra disposizione vigente.

                  Sono comprese nella materia “industria” anche le attività d’erogazione e scambio di servizi a sostegno dell’industria, con esclusione comunque delle attività creditizie, d’intermediazione finanziaria, delle attività concernenti le società fiduciarie e di revisione e di quelle d’assicurazione.

                  Sono delegate alle Regioni anche le funzioni amministrative concernenti l’attuazione di interventi dell’Unione Europea, fatte salve le funzioni e i compiti conservati dallo Stato.

                  Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano disciplinano, con proprie leggi, le aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente. Disciplinano altresì le forme di gestione unitaria delle infrastrutture e dei servizi delle aree ecologicamente attrezzate da parte dei soggetti pubblici o privati, anche costituiti ai sensi di quanto previsto dall’art. 12 della legge 23/12/1992 N° 498 e dall’art. 22 della legge 08/06/1990 N° 142, nonché le modalità d’acquisizione dei terreni compresi nelle aree industriali, ove necessario anche mediante l’espropriazione. Gli impianti produttivi localizzati nelle aree ecologicamente attrezzate sono esonerati dall’acquisizione delle autorizzazioni concernenti l’utilizzazione dei servizi ivi presenti.

                  Le Regioni e le Province Autonome individuano le aree scegliendole tra le zone o i nuclei industriali già esistenti, anche se totalmente o parzialmente dimessi.

 

2.6 La disciplina dei Consorzi d’industrializzazione in Calabria

                  Dopo aver visto come lo Stato ha delegato le funzioni amministrative sui consorzi, ora vediamo come la regione Calabria ha disciplinato con proprie leggi questi Enti. Cominciamo con la L.R. 04/09/1972, n. 4 (abrogata dalla L.R. 24/12/2001, n. 38) che riguarda l’esercizio della vigilanza e della tutela da parte della regione sui consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo industriale operanti in Calabria.

                  I consorzi per le aree ed i nuclei industriali operanti in Calabria sono sottoposti alla vigilanza e alla tutela della Regione, nei limiti e con le modalità stabiliti dalle norme vigenti. La vigilanza e la tutela sono esercitate attraverso un'apposita Commissione nominata dal Presidente della Giunta regionale e composta da:

1)      L'assessore regionale all'Industria che la presiede;

2)      Un rappresentante dell'Assessorato regionale della Urbanistica;

3)      Un rappresentante dell'Assessorato regionale agli Enti Locali.

                  I rappresentanti degli Assessorati saranno designati dagli Assessori competenti, nell'ambito del personale in servizio presso la Regione. Per l'espletamento dei propri compiti la Commissione si avvale di un funzionario che svolge le funzioni di segretario, e di un dattilografo, in servizio presso l'Assessorato dell'Industria. La Commissione, in casi di particolare necessità, può avvalersi di esperti nominati dal Consiglio regionale a norma dell'art. 68 dello Statuto. Alla spesa per il funzionamento della Commissione si fa fronte con i fondi stanziati sul capitolo, relativo al funzionamento dell'Assessorato all'Industria.

                   Quando l'attività del Consorzio risulta non conforme agli scopi per i quali e' stato costituito o, comunque, quando vengano accertate persistenti irregolarità nel funzionamento di esso, il Presidente della Giunta regionale, sentito il parere della Commissione di cui sopra, può sciogliere gli organi del Consorzio e affidare la gestione a un Commissario straordinario fino alla rinnovazione degli organi ordinari, da effettuare entro il termine massimo di 6 mesi da fissare nel decreto di nomina del Commissario.

                  I revisori dei conti dei singoli Consorzi sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale sentita la Commissione e osservate le norme statutarie del Consorzio interessato. Su proposta dell'Assessore regionale all'Industria, sentita la Commissione, la Giunta regionale delibera la promozione del procedimento di approvazione o di modifica degli Statuti dei Consorzi.

                  Con la L.R. 05/08/1992, n. 12 (abrogata dalla L.R. 24/12/2001, n. 38) la Regione esercita, nell’ambito del proprio territorio, il controllo di legittimità sugli atti delle province, dei comuni e degli altri enti locali ai sensi dell’art. 130, I Comma della Costituzione, i controlli sono esercitati da un Comitato (Co.Re.Co.) articolato in sezioni, costituite nei modi stabiliti dalla legge.

 

2.7 Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali

                  In attuazione del principio di sussidiarietà e degli altri principi indicati nell’articolo 118 della costituzione, nell’articolo 4, comma 3, della legge 15/03/1997, n. 59 e negli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 18/08/2000, n. 267. La regione Calabria con la legge regionale 12/08/2002, n. 34, detta i criteri e disciplina gli strumenti, le procedure e le modalità per il riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi esercitati dai Comuni dalle Province, dagli altri Enti locali, dalle autonomie funzionali e dalla Regione, nelle materie di cui agli articoli 117, comma 3 e 4, e 118 della Costituzione, cosi come individuate nelle leggi e nei decreti legislativi di conferimento delle funzioni medesime.

Con la legge regionale 12/08/2002, n. 34, la Regione Calabria provvede al pieno conferimento agli Enti locali di tutte le funzioni e i compiti amministrativi relativi alla cura degli interessi delle comunità locali, riservando a sé esclusivamente le funzioni ed i compiti che richiedono necessariamente l’esercizio unitario a livello regionale. Il conferimento di cui sopra avviene con riferimento ai seguenti settori:

a)       Sviluppo economico e attività produttive;

b)       Territorio, ambiente e infrastrutture;

c)        Servizi alla persona e alla comunità;

d)       Polizia amministrativa regionale e locale.

                  Il riordino di funzioni e competenze tra Regione e gli Enti locali avviene secondo i principi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione e nel pieno rispetto dei reciproci ambiti di autonomia, oltre che nel perseguimento dell’obbiettivo della piena integrazione tra i sistemi organizzativi dei vari Enti interessati.

                  Il conferimento delle funzioni e dei compiti agli Enti locali è attuato, per ogni singola materia, nei tre mesi dal trasferimento dallo Stato alla Regione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali, ovvero, se il trasferimento è precedente all’entrata in vigore della legge regionale 12/08/2002, n. 34, entro centoottanta giorni.

                  La Regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo.

                  In caso di mancata attuazione da parte degli Enti locali delle funzioni e dei compiti conferiti ai sensi della presente legge, la Regione esercita il potere sostitutivo sugli Enti locali inadempienti. A tal fine il Presidente della Giunta regionale, su proposta dell’Assessore competente per materia, assegna all’ente inadempiente il termine di novanta giorni per provvedere. Trascorso inutilmente il predetto termine, la Giunta regionale, dispone l’intervento sostitutivo con un commissario ad acta, nominato secondo quanto previsto dalla legislazione vigente, che deve provvedere entro sessanta giorni. Gli oneri finanziari dell’intervento sono a carico dell’ente inadempiente.

                  E’ fatto obbligo alla Regione di provvedere al trasferimento agli Enti locali delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti ad essi conferiti.

                  Le funzioni regionali concernenti la materia industria sono comprensive di qualsiasi attività imprenditoriale diretta alla lavorazione ed alla trasformazione di materie prime, alla produzione e allo scambio di semilavorati, di beni e merci anche immateriali, nonché l’erogazione e scambio di servizi finalizzati al sostegno di tali attività.

                  E’ istituito il Fondo unico regionale per le attività produttive nel quale confluiscono le risorse statali di cui all’art. 19, comma 5, del d. lgs. n. 112 del 1998 e tutte le ulteriori risorse comunque destinate ad interventi di sostegno di qualunque genere per l’industria.

                  Sono riservati alla Regione le funzioni e i compiti amministrativi riguardanti:

a)       La partecipazione alla elaborazione delle politiche e degli interventi comunitari e nazionali in materia industria, salvo quanto previsto dall’art. 18 del d. lgs. n. 112 del 1998;

b)       L’elaborazione ed attuazione degli interventi di politica industriale e di promozione dello sviluppo economico tenuto conto della vocazione delle specifiche parti del territorio;

c)        L’agevolazione dell’accesso al credito e la capitalizzazione delle imprese;

d)       L’attribuzione del Fondo unico regionale per le attività produttive;

e)        Il coordinamento ed il miglioramento dei servizi e dell’assistenza alle imprese, attraverso lo sportello regionale;

f)        Gli interventi a sostegno dello sviluppo della commercializzazione e dell’internazionalizzazione delle imprese;

g)        La determinazione delle modalità di formazione e di attuazione degli strumenti della programmazione negoziata, per quanto concerne le relazioni tra Regione, Enti locali e soggetti privati, anche in relazione alle competenze che verranno affidate ai soggetti responsabili.

                  La Regione, con apposita legge, disciplina l’individuazione delle aree industriali e le aree ecologicamente attrezzate, dotate delle infrastrutture e dei sistemi necessari a garantire la tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, nell’ambito delle linee di assetto territoriale di cui all’art. 5 della L. R. n. 7/78, garantendo la partecipazione degli Enti locali interessati al procedimento di individuazione di tali aree. Vengono altresì disciplinate le forme di gestione di cui all’art. 26 del d. lgs. n. 112 del 1998 e le modalità di acquisizione dei terreni compresi nelle aree di cui sopra.

 Sono attribuite alle Province funzioni amministrative e compiti concernenti:

a)       La concessione di agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e di qualsiasi altro beneficio comunque riferito all’industria, ivi compresi quelli per le piccole e medie imprese nonché l’erogazione di contributi ai consorzi, nei casi e per i fini di cui all’art. 19, comma 2, del d. lgs. n. 112 del 1998;

b)       La programmazione negoziata e la promozione della concertazione tra gli Enti locali, le associazioni imprenditoriali, sindacali e gli Enti ad autonomia funzionale;

c)        La promozione ed il coordinamento dei progetti di ammodernamento dei sistemi produttivi locali;

d)       La promozione ed il coordinamento delle gestioni associate intercomunali degli sportelli unici, nel rispetto delle competenze comunali;

e)        I programmi di innovazione e trasferimento tecnologico;

f)        I programmi di sostegno alla ristrutturazione, riconversione e sviluppo di singoli settori industriali ed agli investimenti per impianti ed acquisto di macchine;

g)        I programmi per lo sviluppo aziendale finalizzati ad incrementare l’occupazione;

h)       Lo sviluppo e la qualificazione dell’impresa cooperativa nonché il sostegno alla realizzazione, al potenziamento  ed alla diffusione sul territorio regionale dei servizi reali alle imprese;

i)        L’accertamento di speciali qualità delle imprese che siano specificatamente richieste dalla legislazione vigente;

j)         La promozione ed il sostegno alla costruzione di consorzi tra piccole e medie imprese industriali.

                  Le Province, inoltre, concorrono, anche in riferimento all’articolo 3 della legge 488/92, alla formazione delle attività previste da questa legge. Al fine di favorire lo sviluppo socio economico locale, le Province promuovono gli istituti e gli strumenti di programmazione negoziata previsti dalla legislazione nazionale vigente, anche mediante apposite modalità di confronto e concertazione tra Enti locali, forze economiche e sociali, Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e altri soggetti pubblici e privati.

                  Ai Comuni sono attribuite funzioni e compiti amministrativi concernenti:

a)       Programmazione e pianificazione degli obbiettivi comunali di sviluppo territoriale, economico, sociale e culturale, in sintonia con il programma provinciale e regionale;

b)       Individuazione e gestione, singolarmente o in forma associata, delle aree ecologicamente attrezzate per attività produttive e individuano le aree industriali per insediamenti produttivi da parte di consorzi di imprese;

c)        Rilascio delle concessioni o autorizzazioni per la realizzazione, l’ampliamento, la cessione, la riattivazione, la localizzazione e la rilocalizzazione di impianti produttivi in conformità alle disposizioni della legge regionale, incluso il rilascio delle concessioni o autorizzazioni edilizie.

 

Al fine di perseguire gli obbiettivi di coordinamento e semplificazione del corpo normativo regionale in vigore, si procede al riordino delle norme mediante l’emanazione di testi unici riguardanti le materie e i settori omogenei

 

[1] MARTINEZ, Lineamenti di Diritto Regionale, Pag. 3

[2] A.BARBERA F.BASSANINI, I nuovi poteri delle regioni e degli enti locali, Milano 1978, Pag. 393

[3] E.CAPACCIOLI F.SATTA, Commento al Decreto 616, Milano 1980, Pag. 1025